PD, Bersani e Bindi si dimettono: “Uno su quattro ha tradito”. Partito nel caos
Non ci siamo mai occupati di politica sul nostro blog, non perché non fossimo informati o non ci interessasse ciò che stava accadendo nel nostro Paese; non l'abbiamo fatto prima per non essere un blog come tutti gli altri, per offrire a chi ci segue qualcosa di diverso che non creasse tensioni ed ansie inutili dal momento che tutti i media nazionali ne parlano fino allo sfinimento.Ma dopo gli avvenimenti di ieri, 19 aprile 2013, ci sentiamo in dovere di informarvi di quanto sta accadendo nella nostra capitale. Non daremo la nostra opinione a riguardo, tutti hanno la propria e va rispettata, noi ci limiteremo a riportare i fatti così come lo stanno facendo tutti i giornalisti italiani. Resta a voi dare un giudizio personale su quanto sta succedendo....noi incrociamo le dita nella speranza che i capoccioni che dovrebbero governarci si diano una mossa, il Paese ha bisogno di un'azione decisa e veloce!
di M.V.
Pier Luigi Bersani ha annunciato le sue dimissioni “un secondo dopo” l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, mentre Rosy Bindi ha deciso di dare dimissioni immediate da presidente dell’assemblea del Partito Democratico. Il Pd, dopo una delle giornate più difficili dalla sua nascita si trova senza un presidente e con un segretario dimissionario. La scelta arriva dopo la mancata elezione di Romano Prodi al Colle: il secondo candidato presentato dai democratici non solo non ha raggiunto il quorum, ma ha chiuso la quarta elezione con 100 voti in meno di quanto calcolato dopo la sua scelta all’unanimità. “Uno su quattro ha tradito, è inaccettabile”, le parole, dure, di Bersani. In mezzo al caos, il Pd sceglie scheda bianca per la quinta votazione di sabato mattina per il Quirinale: tutto rimandato, in attesa di capire quale sarà il futuro del centrosinistra.
La decisione arriva dopo una giornata choc per il PD: la candidatura di Prodi sembrava aver riunificato il centrosinistra dopo il flop di Franco Marini. Le contestazioni interne e della base avevano portato, nel giro di 24 ore, a una virata nella strategia: da un nome condiviso con il Pdl a un candidato del partito, uno dei suoi fondatori. Il nemico storico di Silvio Berlusconi ha scatenato la reazione veemente del centrodestra che è sceso in piazza davanti a Montecitorio urlando il suo dissenso, mentre in aula la senatrice Mussolini indossava una maglia con la scritta “Il diavolo veste Prodi”.
Il centrosinistra però sembrava pronto allo scontro con gli avversari politici: la scelta di Prodi era stata approvata la sera prima all’unanimità dall’assemblea di grandi elettori. Stefano Rodotà, il candidato del M5S, aveva preso nella prima votazione anche i voti di Sel, oltre a quelli dei cosiddetti “franchi tiratori” del Pd.
Sul professore tutti erano d’accordo, tutti uniti, fino al voto: non solo non si supera il quorum di 504 voti, ma ci si ferma sotto la “soglia psicologica” dei 450 voti, con soli 395 voti. Il partito è letteralmente sotto choc: la riunione con i grandi elettori del Pd viene convocata d’urgenza, la Bindi si dimette da Presidente dell’assemble e Bersani annuncia il suo addio. Il Partito Democratico è arrivato alla fine?
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